Oggi vorrei parlare di un grande professionista, noto a moltissimi per il suo ruolo di educatore e istruttore cinofilo, oltre che divulgatore di cultura cinofila in Italia e all’estero. Vorrei però presentarlo da un altro punto di vista, ossia in veste di fotografo, disegnatore e scrittore, alcune delle sue grandi passioni che forse non tutti conoscono ma che lo rendono una persona completa e competente, un vero e proprio ‘personaggio a tutto tondo’.
Luca, nei suoi abiti quasi sempre neri (t-shirt, felpa con cappuccio, pantaloni sportivi e sneakers o scarpe da trekking), sembra una persona schiva, semplice, che preferisce non apparire troppo. Ma basta parlarci cinque minuti per capire che si tratta davvero di una perla rara ai nostri giorni. Amante della lettura, divora libri cartacei ed eBook, ha una cultura impressionante in tanti campi, che emerge piano piano a ogni incontro, dal quale non puoi che uscire arricchito e pieno di entusiasmo.
Gli basta prendere in mano la reflex per scattare capolavori, o un iPad per disegnare vignette da lasciarti a bocca aperta… ma la scrittura, quella è la vera sorpresa, perché Luca non scrive solo di cani: ha un mondo dentro che cerca di far affiorare parola dopo parola.
Quando l’ho contattato per chiedergli se gli avrebbe fatto piacere rispondere alle mie domande, gli ho mandato le righe riportate qui sopra e la sua risposta è stata:
«Per la miseria! Arrossisco dentro e anche un po’ fuori! Mi piacerebbe essere quel Luca lì…».
E io: «Beh, secondo me e molti altri lo sei».
«Ok… Aspetto le tue domande quindi?»
«Yessss.»
Questo il breve scambio su WhatsApp, che ritenevo giusto riportare qui perché conferma quella che è la mia idea di Luca.
E, a ulteriore conferma, quando poi è venuto a trovarmi a sorpresa in baita, Luna lo ha trattato come un amico di vecchia data, puntandogli anche le zampette sulla gamba quando è stato il momento della pappa. E Luna non sbaglia mai!
Quindi, caro Luca, partiamo con le domande. Oltre alla cinofilia, alla quale hai dedicato tutta la tua vita, professionale e non, tu hai tante passioni di cui non tutti sono a conoscenza. Io ne posso citare tre: fotografia, disegno e scrittura. Ricordi quale di queste è nata per prima?
Posso rispondere con certezza: ho cominciato a disegnare da molto piccolo. Abitavamo a Milano, in un palazzo al quarto piano. Quando rientravo dall’asilo, non avendo fratelli o amici della mia età nel palazzo, passavo molto tempo da solo. Avevo tre volumi di una vecchia enciclopedia degli animali che sfogliavo continuamente. Non sapevo ancora leggere, ma conoscevo a memoria le immagini di quei volumi. Giocando a fingere di essere uno dei tanti animali che amavo guardare, mi muovevo nella mia grande stanza immaginando di essere uno di loro. Una volta mi arrampicai sull’armadio salendo sul ripiano della piccola scrivania, mi sdraiai lì sopra lasciando penzolare un braccio: stavo imitando l’immagine di un leopardo che riposa tra i rami di un albero nella savana africana. Mia madre, non sentendomi giocare, venne a controllare cosa stessi facendo e, quando entrò nella mia camera, non vedendomi, si prese un bello spavento. Io tacevo, proprio come un leopardo che osserva ciò che accade intorno a lui senza farsi notare, a guisa di un fantasma. Ma mia madre pensò che fossi caduto dal balconcino fuori dalla porta-finestra della stanza. Quando finalmente scesi da là sopra ci volle un po’ per farla tranquillizzare.
E quando non li imitavo, gli animali, li disegnavo. O quantomeno cercavo di farlo. Riempivo quaderni interi con i miei pasticci ed esperimenti nel tentativo di riprodurre la realtà.
Quali parti di te si manifestano con queste passioni e quali opportunità ti offrono rispetto al mondo e alla vita?
Penso di poter dire di avere la natura del narratore, a prescindere dal mezzo che utilizzo per farlo. Amo ascoltare i racconti e amo raccontare ciò che imparo e le emozioni che vivo. Sperimentarmi con diversi mezzi, quali lo scrivere, il disegnare e il fotografare, mi ha consentito di spaziare nel mondo delle emozioni potendole osservare da più punti di vista. Credo che questo mi abbia reso particolarmente attento e ricettivo nei confronti dei cani, nel notare piccoli dettagli che mi consentono di percepire quello che provano, anche se non sempre mi è facile descrivere a parole quello che vedo. Alle volte noto qualcosa in loro che non va, ma mi è difficile dire cosa sia, un po’ come quando ascoltando un’orchestra qualcuno sbaglia una nota: magari non riesco a capire quale degli strumenti ha stonato, ma sento che c’è qualcosa di ‘storto’. Ciò non vale solo per le stonature, anzi, spesso vedo la sintonia e mi godo lo spettacolo, conscio di stare guardando qualcosa di veramente bello, come un cane sereno e felice.
Pur essendo estremamente tecnologico, come me ami molto le macchine da scrivere. Le persone della nostra generazione hanno avuto l’opportunità di usarle anche se non sono nate esattamente in quell’epoca (io ad esempio avevo ereditato quella di mia madre). Toccare un tasto e vedere la lettera impressa sul foglio è una sensazione unica che nessuna tastiera di PC (pur simulandone il suono) potrà mai dare. Secondo te è ancora possibile trasmettere qualcosa di tutto ciò alle nuove generazioni? Tenere tra le mani il foglio con impresse le lettere, sentirne la superficie, vedere tutta quella meccanica che funziona perfettamente da quasi un secolo ora che tutto ha una durata limitatissima… per me è commovente. Forse sto sognando a occhi aperti. Tu cosa ne pensi?
Non saprei. Il mondo della mia infanzia, negli anni Settanta, era molto meno tecnologico di quello attuale. Per molti versi a noi era indispensabile affinare capacità manuali che oggi non servono più. Il fatto che mi piacciano oggetti come le macchine da scrivere e le macchine fotografiche a pellicola ha più a che fare con un certo romanticismo. Naturalmente, per le attività lavorative questi strumenti arcaici non hanno più spazio, ma ne hanno invece per quanto riguarda tutto ciò che sta a monte di un lavoro creativo. Per esempio, la maggior parte dei miei scritti inizia con me seduto a una delle mie Olivetti, solitamente la Lettera 35, che è anche quella che funziona meglio nonostante abbia più o meno la mia età: fu commercializzata a partire dal 1972, io sono nato l’anno prima. Scrivere a macchina, o alle volte con carta e penna, ha un effetto ipnotico per me, mi aiuta a tirar fuori i pensieri. Non saprei dire perché, ma è l’effetto che ottengo. Diciamo che le macchine da scrivere sono una sorta di auto-brainstorming. Poi naturalmente passo al computer.
Le riflessioni, gli appunti e la traccia principale del mio libro Canile 3.0 sono tutte su carta battuta a macchina.
Non credo però che questa cosa sia trasmissibile alle nuove generazioni semplicemente perché non è parte del loro mondo, della loro infanzia. Non credo che possano provare le stesse emozioni che provo io quando picchio sui tasti della Olivetti, perché dietro quel gesto io ho un mondo di ricordi, emozioni, immagini e sogni di una vita. Penso però che usare le mani per scrivere in modo più, diciamo, ‘materico’ possa avere degli effetti positivi anche per le nuove generazioni, per esempio scrivere a mano e affinare la percezione nel compiere quell’atto. Scrivere per scrivere, ascoltando il fruscio della penna sul foglio, ascoltando le asperità infinitesimali della carta, annusare l’inchiostro e la cellulosa, provare piacere nel gesto fluido del polso che traccia linee armoniose. Una cosa che non ho mai fatto, ma che mi affascina molto, è la calligrafia. Usare pennini e carta pesante, concentrarsi sullo stile di scrittura… Un esercizio più per la mente che per il corpo, una forma di meditazione.
Per tornare alle macchine da scrivere, come dici tu, sono un prodigio della meccanica, fatte per essere quasi eterne. Alle volte mi soffermo a pensare: chi ha battuto su quei tasti prima di me? Che parole ha scritto? Soprattutto per quanto riguarda la mia vecchia Olivetti M40 e la Mercedes – due stupendi pezzi di antiquariato perfettamente funzionanti – costruite tra gli anni Trenta e Quaranta. Mi trovo spesso a fantasticare sulla loro storia.
Oggi il rapporto con gli oggetti è molto diverso, un po’ più sterile di emozioni e sensazioni. Questo penso sia qualcosa che si è perso e non si possa più recuperare. Trovo che al giorno d’oggi il rapporto delle persone con le emozioni sia molto meno raffinato, governato per lo più da picchi esplosivi (grande gioia, grande paura) e spogliato di tutte le infinite sfumature che le caratterizzano…
Hai appena detto che quando scrivi i tuoi libri inizi sempre digitando sulle tue ‘vecchie’ e amatissime macchine da scrivere, che è ben diverso dal farlo con un Mac super moderno. È paragonabile alla differenza che c’è tra leggere un libro cartaceo (magari un’edizione storica conservata in una vecchia biblioteca sperduta) e leggere un eBook?
Un libro è un insieme di moltissime cose. È un oggetto che ha un peso, una sostanza, un profumo, un suono… Poi ha un contenuto, uno stile, una grafica, un’impaginazione, dei caratteri, insomma un libro è un insieme che agisce a più livelli sia per quanto concerne la percezione sensoriale che la dimensione cognitiva. Un eBook ha solo il contenuto. Tutto il resto non esiste più.
Sono un maniaco dei libri, lo ammetto, a livello quasi patologico direi. Ma a un certo punto la mia compagna mi ha fatto notare che di spazio fisico in casa non ne avevamo più e, essendo io un libro-dipendente, per costringermi all’astinenza mi ha imposto una pena severa, dicendomi: “Per ogni libro che entra in casa ne deve uscire uno”. Un incubo. Mi sono costretto allora a rifornirmi scegliendo il digitale.
Leggo molto, non solo come passatempo, ma anche per la mia professione. Ci sono milioni di libri interessanti e saggi sugli argomenti che mi piacciono e sui quali devo essere aggiornato, ecco che quindi il mio eBook reader è diventato il mio inseparabile compagno. Ci sono molte considerazioni da fare in merito a questo, molti vantaggi nell’editoria digitale. Una è il fatto che meno carta si utilizza meno alberi si abbattono, e di questi tempi l’ecologia non è un fattore da sottovalutare. Certo, un eReader richiede la corrente elettrica, ma è uno strumento molto efficiente e una carica di poche ore lo fa funzionare per parecchi giorni di uso intensivo, come nel mio caso. Un altro aspetto è la portabilità. Per me che sono spesso in viaggio per lavoro, avere con me decine e decine di libri in un piccolo oggetto di pochi grammi è veramente utile.
Credo che sempre più ci si sposterà su un’editoria digitale che ha costi minori e una fruibilità di gran lunga superiore al libro. Ma tutto ciò vale per chi è nato e cresciuto in un mondo fatto di libri, per le prossime generazioni forse sarà come è oggi con le macchine da scrivere: non si può essere nostalgici di ciò che non si conosce.
Tu di cosa scrivi esattamente? Quando decidi di farlo hai già tutto chiaro nella tua mente? C’è qualcosa in particolare che ti ispira? Scrivi per te, per tirar fuori parti di te, o per cosa?
Scrivo di cani per professione. Ma amo molto la narrativa, quindi scrivo anche altro. Mi sento più a mio agio con la forma del racconto breve, anche se vorrei tanto cimentarmi nel romanzo. Alcuni miei racconti brevi sono stati pubblicati dalla casa editrice Haqihana nel libro Uno + uno = infinito, ma anche in questo caso si trattava di racconti che hanno a che fare con i cani. Ho appena concluso un’altra raccolta di racconti e c’è ancora del lavoro da fare prima che ne possa parlare. Anche questa volta il soggetto ha a che fare con i cani, o meglio con la relazione con loro: quello che può suscitare nell’intimo delle persone e come questa possa cambiare la vita o orientare le scelte di un individuo.
Ma ho scritto anche racconti di tutt’altro genere e ho nel cassetto due storie che hanno più l’aria di romanzi. Una ha tinte da thriller psicologico, mentre l’altra è virata alla fantascienza. Sono progetti a lunghissimo termine. Ancora non riesco a dedicarmici a tempo pieno, cosa che non mi consente di affrontarli con la giusta serietà e impegno, almeno per ora…
La mia ispirazione è la curiosità e la voglia di capire le cose del mondo. Questo mi spinge a scrivere, talvolta lo scrivere in sé, di un argomento, mi aiuta a capire meglio quell’argomento. Non ho mai in mente tutto quando mi metto a scrivere, alle volte ho solo un abbozzo di idea, alle volte una traccia; a meno che non stia scrivendo qualcosa di tecnico, che ha a che fare con la didattica che insegno. In quel caso so già dove voglio andare a parare e, a parte alcuni dettagli o approfondimenti, posso dire di avere tutto abbastanza chiaro in mente.
Libri tuoi, libri letti… con te si potrebbero trascorrere giornate intere parlando di libri. L’ultima volta che ci siamo incontrati mi hai incantata parlando di Harry Potter e dell’infinito e fantastico mondo che c’è dietro a una saga che ha venduto milioni di copie in tutto il mondo. Ho una cara amica che potrei definire ‘fissata’ con J.K. Rowling, eppure non era mai riuscita a trasmettermi tanto entusiasmo. Quando leggi, che cosa ti colpisce maggiormente? Stile, trama, capacità descrittiva? E quale genere preferisci?
Difficile dire cosa mi colpisca maggiormente quando leggo: alle volte è la storia in sé, l’argomento trattato, alle volte l’ambientazione in cui la narrazione si svolge, ma lo stile di scrittura, l’arte dello scrittore, la sua voce è la cosa che generalmente mi tiene incollato alle pagine. Per esempio, un libro che ho letto non molto tempo fa di John Edward Williams, Stoner, mi ha lasciato interdetto proprio per la scrittura in sé, un capolavoro in grado di far comprendere che una storia è fatta dalle parole che la raccontano. Sembra un’affermazione banale, ma le vicende del personaggio sono alquanto comuni, in quel libro non ci sono eventi eclatanti, è ‘solo’ la vita di un uomo, ma lo stile di scrittura ti entra dentro e non ti lascia fino alla fine… e oltre.
Stilare una lista di autori e libri che mi hanno fatto sognare richiederebbe troppo tempo e spazio, diciamo che tra i miei autori preferiti, quelli che non sbagliano quasi mai per me, ci sono Philip K. Dick, Stephen King, José Saramago, Charles Bukowski, Isaac Asimov… Ma spesso i libri che mi hanno colpito di più sono di altri autori, come per esempio il capolavoro di Patrick Süskind, Il profumo, o Guida galattica per gli autostoppisti di Douglas Adams.
Negli anni ho avuto passioni alterne, c’è stato il periodo ‘nero’, quando avevo una vera e propria malattia per Howard P. Lovecraft ed Edgar Allan Poe, per esempio.
Ultima domanda, te lo prometto! Hai un sogno nel cassetto?
Non saprei, ho molti progetti che vorrei portare a termine, come tutto quello che concerne il mio lavoro sui canili, per esempio. Attualmente, però, sarà forse per il fatto che ho superato i cinquant’anni, mi sto orientando molto più verso la divulgazione e la narrazione. Sicuramente una cosa in cui mi butterò presto – a capofitto – ha a che fare con la scrittura (ancora una volta) ed è un romanzo che mi ‘tormenta’ da anni ormai. Vorrei anche rallentare e allontanarmi un po’ dal mondo dei social che oggi reggono la comunicazione sul mio lavoro, ma è una spirale dalla quale è difficile uscire. Alle volte mi chiedo come si potessero fare le cose che facciamo oggi senza avere una vetrina come Facebook e YouTube. Questi sono strumenti potentissimi e indispensabili – anche se sono già superati, per certi versi – che però hanno un prezzo. Ti richiedono un’operatività h24, e io sono alla ricerca di un po’ di ‘silenzio’. In questo, tornando alle risposte precedenti, le macchine da scrivere mi aiutano parecchio, come i libri cartacei.
Ho ancora molto da imparare per portare a termine i miei progetti di scrittura. Diciamo che sono alla ricerca di un maestro, non di un corso on-line (anche se la formazione ormai si è spostata soprattutto lì, e per certi versi può essere molto efficace), ho bisogno del rapporto umano diretto per apprendere. Sarà anche questo un retaggio dei ‘vecchi’ come me?
Dei vecchi come noi, allora, dato che ci separano anagraficamente soltanto due anni!