Anni fa qualcuno mi disse che per far stare bene un cane bisognava togliere, non aggiungere.
Ho ripensato a questa affermazione ieri sera, mentre ammiravo Luna stesa beatamente sul divano di fianco a me, come solo un cane appagato e sereno può essere dopo una giornata ‘da cane’.
E ho considerato che a un cane come Luna (ma forse a molti cani, se non tutti) non occorre fare mille attività, frequentare un affollato e caotico campetto, svuotare voracemente un Kong, dare prova di abilità con esercizi di problem solving. Guardando come vive lei adesso mi sembrano tutte cose in più, tutte sovrastrutture che aggiungiamo noi umani per sentirci meno in colpa nei loro confronti e forse anche nei nostri. Perché queste attività un cane le può fare senza forzature, scegliendo i propri tempi e spazi, nel modo più naturale possibile.
Mi rendo conto che non tutti potranno capire o condividere quello che sto scrivendo, ma osservando come si comporta e come si muove Luna nel mondo capisco ogni giorno di più cosa significhi ‘essere cane’ e quanto possa bastare poco per stare davvero bene. Per questo togliere e non aggiungere. E la stessa cosa la sto notando su di me.
A Luna basta fare ciò che è insito nella sua natura, poter scegliere i momenti di riposo, i luoghi, i tipi di interazione. Qui non le è stato aggiunto nulla di materiale: in giardino ha una cuccia vecchia che ci portiamo dietro da anni, anche se preferisce l’erba, la terra e la neve fresca; in casa ha il suo vecchio divano, ma ci sta soltanto di notte e non vorrebbe mai rientrare. L’unica cosa che la spaventa e la fa stare al chiuso è il temporale.
Quando decide che ha voglia di giocare comincia a correre e io capisco che se le lancerò un legnetto per tre o quattro volte lei me lo riporterà, o che è pronta a un tira e molla di pochi minuti. Se io parto nella corsa lei mi segue gioiosa, per poi fermarsi e sedersi con me a riposare. Non le serve molto altro.
Ha la libertà di abbaiare (con tonalità e intensità diverse) quando passa un’auto, una persona o ci sono animali vicini (soprattutto cani o cinghiali). Ha la libertà di muoversi da sola, se vuole, non essendoci recinzioni. Ma se guardo fuori dalla finestra, so già che sarà alla portata dei miei occhi perché le piace esplorare insieme a me, condividere i momenti della passeggiata.
Ha la libertà di scegliere cosa fare. Conosce gli orari dei pasti perché è lei ad averli decisi: al mattino e a metà pomeriggio arriva, si siede davanti alla porta d’ingresso, dà una leggera zampata e io so che si è fatta quell’ora… Stessa cosa se vuole entrare: si siede, zampata… e aspetta.
Questo è stato togliere per lei, e io ho imparato guardandola.
Fino a qualche anno fa credevo di dover fare, e anche tanto, per permetterle di stare bene. Ero io che l’avevo scelta, salvandola dal suo destino di randagia abbandonata, quindi era compito mio occuparmi del suo benessere, adoperarmi affinché si sentisse sé stessa. In realtà lei mi ha insegnato che non devo fare, aggiungere… ma soltanto permetterle di esprimersi e concedere questa possibilità anche a me. Perché se io sono serena, lei è serena (e viceversa).
E ho notato lo stesso su di me: più tolgo, meglio sto, in termini di forzature, sovrastrutture, imposizioni e doveri. Semplicemente (ma mica così tanto) avevo bisogno anch’io di recuperare la mia parte ‘selvatica’ per essere più sociale. Sembra strano a dirsi, eppure è così.
Più che togliere/aggiungere si tratta di restituire/recuperare, spogliarsi per tornare a qualcosa che è già in noi e dobbiamo solo ritrovare.
Allora perché stupirsi tanto di cose così semplici e naturali, addirittura scontate? Forse perché siamo abituati ad avere, volere, accumulare, fare per non restare soli con noi stessi e – guardandoci dentro – riscoprire chi siamo in realtà.
Fa molta paura questo processo, può essere anche lungo e doloroso (i miei primi mesi qui non sono stati facili), ma riuscirci porta a una condizione di pace e serenità difficilmente raggiungibile in altro modo.
E il bello è che questa arte si applica anche alla scrittura! Ne parlo in questo breve articolo.