(Ovvero ‘Miele porta Miele’ parte seconda)
Quella mattina mi svegliai di ottimo umore, sentivo che sarebbe successo qualcosa di importante. Ero così felice perché per la prima volta Miele era salita al piano di sopra con me e aveva trascorso la notte accoccolata in fondo al letto. Che immensa gioia, finalmente si fidava di questo umano che, in pochissimo tempo, aveva trovato in lei la perfetta compagna a quattro zampe: discreta, sensibile, intelligente; uno sguardo era sufficiente per capirsi senza bisogno di tante (inutili) parole, come capitava con la maggior parte delle persone.
Stavo per uscire di casa per recarmi in ospedale quando suonarono alla porta: era il postino con un telegramma per me. Mi agitai subito, chi poteva mandarmi una missiva di quel genere? Le questioni di Irene erano tutte sistemate e parenti in vita non ne avevo più. Poi ebbi un lampo di genio: poteva arrivarmi solo da una persona, Federico!
E infatti era il suo, poche parole, quelle che sapeva sarebbero bastate a fare di me un uomo felice: “Al mare – STOP – 4 settembre – STOP – non mancherò – STOP”.
Baciai Miele sul muso, mi aveva guardato per tutto il tempo passando dalla preoccupazione alla gioia quando aveva sentito la mia emozione e capito che si trattava di qualcosa di bello. Le presi con le mani le zampe anteriori e, canticchiando le note di un walzer, provai a invitarla a danzare con me. Lei mi lasciò fare piuttosto incredula ma fiduciosa. Che meraviglia quel cane. Che fortuna averla incontrata.
Era tardi e mi precipitai al lavoro di corsa. Avrei pensato ai dettagli dei preparativi la sera.
In ospedale nessuno si oppose quando chiesi una settimana di ferie a settembre: avevo lavorato sodo rendendomi disponibile a sostituire i colleghi che erano andati in vacanza con le famiglie e meritavo anch’io un po’ di riposo.
Il 4 settembre arrivò in un battibaleno. Miele e io eravamo sulla spiaggia dalle sei del mattino, non ero riuscito a chiudere occhio dall’emozione e lei aveva sospirato tutta la notte cercando di trasmettermi un po’ della sua calma.
La osservavo alla sua prima volta al mare. Già, il mare… Era evidente che non aveva mai visto la sabbia e nemmeno le onde, ne era spaventata ma allo stesso tempo incuriosita. Dopo i primi momenti su quella “cosa” liquida che si spostava a ogni suo balzo, si era seduta sulla riva, in modo da riuscire a guardare le onde senza esserne colpita: aveva calcolato bene le distanze e scelto la posizione migliore per restare asciutta. Io mi ero seduto accanto a lei.
Quando si sentì più sicura bagnò leggermente una zampa ma la ritrasse subito: l’acqua era fredda e quella sensazione non le piaceva affatto. Le piacevano invece i gabbiani che camminavano goffi sulla battigia alla ricerca di cibo. Ne inseguì prima uno, poi un altro e iniziò a correre come un cucciolo.
Mi misi a correre insieme a lei e all’improvviso mi invitò al gioco poggiandomi le zampe sulle gambe: voleva condividere con me la sua gioia di essere lì, insieme. Presi un bastoncino da terra e glielo lanciai, lei con un balzo lo afferrò al volo e me lo riportò. Ripetemmo la sequenza un paio di volte ma già alla terza lo abbandonò sulla sabbia: una carcassa in decomposizione era ben più interessante! La lasciai annusare con calma e mi sedetti in attesa… dopo qualche minuto mi raggiunse, anticipata dal suo odore, che non era esattamente uno Chanel n. 5!
Mentre sorridevo dentro di me figurandomi la faccia che avrebbe fatto il mio vecchio amico, vidi un oggetto rosso non ben identificato volare nel cielo. Miele corse ad afferrarlo e me lo portò orgogliosa: non ci potevo credere, era la mia cinghia di elastico rossa. Federico era arrivato!
Sentii due braccia forti cingermi da dietro: era lui.
“Te la ricordi, Alfredo? Quel giorno mi hai salvato la vita con questa, e adesso te la restituisco, è di nuovo tua!”
“L’hai conservata per tutti questi anni, è come nuova!”
Ero allibito e felice, e mentre lui continuava a farla dondolare io l’afferrai, e nell’impeto di prenderla mi rimbalzò sulla fronte procurandomi un piccolo livido.
Ci guardammo e scoppiammo a ridere, abbagliati dalla luce del sole che brillava riflettendosi sull’acqua del mare.
Miele gli piacque subito e mi raccontò che a casa aveva un cane adorabile che viveva in simbiosi con le sue due bimbe.
Che bello rivedersi in riva al mare e parlare dei vecchi tempi, ma anche fantasticare sul futuro: eravamo ancora giovani e con tanti progetti da realizzare. Federico mi rivelò che il suo sogno era tornare al paese che ci aveva visti crescere insieme, ma non sapeva se si sarebbe mai avverato. Io in cuor mio ci speravo… e continuai a farlo per tanti anni a seguire.
Qui il capitolo precedente.